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ASSENZA INGIUSTIFICATA e licenziamento

Non può essere licenziato il dipendente che si assenti, senza giustificato motivo, dal posto di lavoro. Tanto più se, in passato, il lavoratore si sia comportato in maniera impeccabile sul posto di lavoro. Il provvedimento di recesso è, in tal caso, illegittimo in quanto manifestamente eccessivo e sproporzionato rispetto al contenuto oggettivo della infrazione. E’ questo il principio enunciato a chiare linee dalla Suprema Corte con la sentenza n. 7600 del 20 marzo 2008.

Il Caso
Con ricorso ex art. 414 un dipendente delle Poste Italiane, addetto al servizio di recapito di corrispondenza, adiva il Tribunale Civile di Roma, in funzione di giudice del lavoro, per impugnare il provvedimento di licenziamento adottato dalla impresa datrice di lavoro all’esito di una preventiva contestazione disciplinare e, quindi, sulla base della pretesa sussistenza di una giusta causa. Evidenziava il ricorrente, a motivo della spiegata impugnazione, l’assenza di proporzionalità tra il provvedimento adottato e il comportamento contestatogli e richiedeva, per tale motivo, l’annullamento del licenziamento e la contestuale reintegrazione nel posto di lavoro.
La Corte di Cassazione ha, nel caso di specie, enunciato importanti principi ermeneutica :
a) a detta della Suprema Corte, infatti, se da un lato la nozione di giusta causa, di cui all’art. 2119 cod. civ., trae la propria fonte direttamente dalla legge mentre l’elencazione della singole fattispecie previste dalla contrattazione collettiva ha valore meramente esemplificativo e non tassativo, è pur altrettanto vero che, secondo la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. 5103/1191), nell’ipotesi in cui la disciplina collettiva sia di maggior favore nei confronti del lavoratore, il datore di lavoro non po’ irrogare un licenziamento qualora tale provvedimento sia sanzione più grave rispetto a quella prevista dal contratto collettivo.
b) Ai fini della sussistenza, nel caso concreto, di una giusta causa di licenziamento il giudice di merito deve valutare, avendo a mente il parametro posto dalla norma pattizia, il reale contenuto del motivo posto a base del licenziamento e, quindi, la proporzionalità del provvedimento rispetto all’infrazione. E’ determinante, quindi, tracciare una linea di confine tra sanzioni di tipo conservativo (es. sospensione dal servizio con mancato versamento della retribuzione) e sanzioni di tipo estintivo (es. risoluzione del contratto) che caratterizzano l’esito del procedimento disciplinare.
Nel caso di specie il contratto collettivo prevedeva quale sanzione in caso di assenza ingiustificata dal posto di lavoro, la sospensione del servizio con privazione della retribuzione.
Solo nel caso di sussistenza di un grave pregiudizio per l’ente e per i terzi quale conseguenza del comportamento del dipendente il licenziamento sarebbe stato formalmente ed ontologicamente legittimo.


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