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La rotazione nella CIGS

Il problema della rotazione dei lavoratori nell’ipotesi di Cassa Integrazioni Guadagni Straordinaria è oggi tornato di attualità stante la grave crisi economica in atto.
L’istituto della rotazione nasce dalla oggettiva necessità di non gravare con la riduzione delle retribuzioni soltanto alcuni lavoratori, ma ad essa, non è certamente secondario lo scopo di porre un freno ad eventuali iniziative datoriali finalizzate a liberarsi, anche se provvisoriamente, di alcuni dipendenti scomodi.
La materia è regolata principalmente dai commi 7 e 8 dell’art. 1 della legge n. 223 del 1991, il primo dei quali prevede che “I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista nel comma 8, devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto previsti dall’art. 5 della legge n. 164 del 1975.”.
Dunque il potere di scelta dei lavoratori da sospendere è del datore di lavoro, ma tale potere va esercitato nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, deve essere coerente con la cosiddetta causa integrabile e non deve violare il principio di non discriminazione; quanto ai criteri della rotazione, individuati nell’accordo sindacale sulla rotazione ovvero, in caso di mancato accordo, nel Decreto del Ministro che autorizza la procedura, essi debbono essere oggettivi e razionali.
Nel caso di violazione dei criteri di rotazione ai singoli soggetti spetta il risarcimento del danno quantificato nella somma risultante dalla differenza tra quanto il lavoratore avrebbe percepito a titolo di retribuzione e quanto invece ha ottenuto a titolo di integrazione salariale. Per il datore di lavoro invece è espressamente previsto a titolo di sanzione, un significativo aumento del contributo addizionale dovuto.
L’azienda che per motivi tecnico organizzativi non intende adottare la rotazione lo deve far presente nell’istanza al Ministero del Lavoro con la quale richiede l’intervento della CIGS spiegando in modo preciso e dettagliato le ragioni della richiesta in modo tale da fornire all’Amministrazione tutti gli elementi per valutarne la legittimità.
L’inosservanza dell’obbligo di comunicazione e l’indisponibilità all’esame congiunto si traducono nella illegittimità della sospensione dei lavoratori con la conseguenza che questi ultimi potranno chiedere la reintegrazione nel posto di lavoro ed il pagamento delle differenze salariali.


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